venerdì 5 luglio 2013

Old and new



Era ormai cominciata e pienamente in atto la "Rivoluzione Culturale" e alcuni monaci in uno dei tanti templi, in Cina, poco fuori dalle città, erano molto preoccupati. Da mesi ormai, il Partito Comunista aveva aizzato le folle e mandrie di uomini posseduti dallo spettro del drago rosso distruggevano statue, bruciavano templi, libri sacri, sculture e anche persone.

L'abate era in meditazione, mentre molti degli altri monaci erano irrequieti. Percependo la loro inquietudine, l'abate aprì dolcemente gli occhi, sospirò e sciolse le gambe dalla posizione del loto. Nel frattempo il chiasso della folla si avvicinava, i loro passi erano come tamburi e le urla e i bastoni nelle loro mani facevano un fracasso terrorizzante.

I monaci avevano paura, mentre sul viso dell'abate si leggeva solo tristezza.
«La cosa migliore è scappare», disse l'abate rivolto ai monaci, i quali fecero uno scatto come per seguire la sua indicazione, ma poi lo videro immobile nella sua tristezza.
«Lei non viene?» chiese timidamente uno dei monaci.
«Non è il caso. Sono l'abate del tempio e resterò qui. Ma voi andate, un sacrificio è sufficiente», disse, mentre cercava qualcosa tra le scritture del Budda, con una sorta di indifferenza e con un velo di tristezza.
Due monaci restarono in piedi dietro di lui, immobili e quasi assenti, mentre tutti gli altri se ne andarono presto, dirigendosi verso le montagne.

Presto le squadriglie entrarono nel tempio, mentre altri inseguivano i monaci verso le montagne. Tutti si fermarono un attimo alla vista dell'abate, imponente di statura quanto pacifico d'animo, seduto fra i suoi due discepoli, eretti ai suoi lati, nobili tanto da sembrare più alti.

L'abate si lisciò la barba e sfogliò alcune pagine, dopodiché si schiarì la voce e lesse:

«Egli vive ovunque nel mondo. Le persone che lo seguono godono di pace e felicità. Coloro che eccellono entreranno nel palazzo color porpora e nessuno con un cappello rosso sopravvivrà» (dai poemi di Cang Tou su Chunfeng Li, dinastia Tang)

Tutti lo guardavano silenti. Alcuni, come in parte risvegliati, provarono un qualche timore. Uno di loro, incurante di tutto, tirò fuori il suo lungo coltello mentre un'espressione atroce appariva sul suo volto.

Guardando fisso gli uomini, l'abate disse solennemente: «Fra circa vent'anni il leopardo morirà dall'interno,
e l'Occidente vorrà rimediare alla sua creazione orribile, giacché le barriere dell'Orso saranno cadute.
La Ruota della Legge girerà e in poco più che altri vent'anni, anche la pelle del dragone salterà»

L'uomo con il coltello stava per scagliarsi contro l'abate. Contemporaneamente i due discepoli presero in mano dei bastoni. L'abate, tuttavia, fece loro cenno di fermarsi. Un funzionario intervenne fermando l'uomo con il coltello. «Aspetta. Non ha senso ucciderlo. Prima deve rinnegare la sua fede».

I due monaci guardavano in modo ansiosamente interrogativo l'abate, e lui rispose ai loro sguardi dicendo: «Le armi, le armi non verranno usate nel futuro, quando il Santo Re scenderà nel mondo. Dal momento che quando ciò accadrà, noi saremo di nuovo qui, cominciamo fin da ora ad abituarci» e trattenne una risata.

Un soldato aprì un sacco e tirò fuori vari attrezzi di tortura. Infilarono dei bastoncini sotto le unghie dell'abate,
un dito alla volta. Lo percossero per ore e uccisero i suoi discepoli davanti a lui, mentre alcuni strappavano loro via gli organi e correvano fuori dal tempio, intendendo cuocerli e mangiarli, come talvolta facevano a quel tempo le Guardie Rosse e come continuarono a fare, in altre forme più avanzate e lucrose, per anni e anni nel nuovo millennio.

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