lunedì 2 gennaio 2012

Il Re




Quello che un tempo era un regno prosperoso e florido,
ricco e virtuoso, pieno di benessere e felicità, si ritrovò,
infine, a marcire e decomporsi.
Dopo una carestia, dopo dei subbugli tra il popolo, dopo la
malattia del Re e i disordini nella corte, la moralità della
gente decadde pericolosamente, e essa iniziò a perdere ogni
senso del decoro e a non credere più nemmeno nel Cielo.
Circolò persino, tra il popolo, il "marchio dell'immorale":
un giuramento talvolta suggellato da un marchio sull'avanbraccio
che raffigurava un drago rosso e che mostrava l'estrema
ribellione della gente verso la virtù e la coscienza.
Quando il Re si riebbe, notò tutto questo e ne fu, nella
sua debolezza, contaminato.
Con l'intenzione di ritrovare in sé stesso
ciò che il suo popolo aveva perso, lasciò il comando al suo
consigliere, si spogliò dei suoi abiti regali e, con vesti
comuni, si incamminò per un lungo viaggio.

Durante il suo viaggio, egli si addormentò in un luogo desolato
e fece un sogno. Un Essere Divino gli rivelò che tutti,
nel suo regno, sarebbero stati banditi dal Cielo, se non
avessero annullato il giuramento dell'immorale.

Da quel giorno il re vagò per i villaggi parlando alla gente
del suo sogno, ma nessuno gli diede retta. Un giorno, un
vecchio ubriaco rubò un pezzo di pollo da una locanda.
Il locandiere lo inseguì brandendo un lungo coltello e
urlandogli contro. Lo raggiunse e quasi lo accoltellò, quando
il re, nelle vesti di un comune pover'uomo, lo trattenne.
<<Pagherò io per lui!>> disse il re, ma il locandiere replicò
dicendo che non solo il denaro andava ripagato, ma che voleva
tagliare per lo meno un dito al delinquente. Il re, allora,
disse che avrebbe pagato anche per quello. Il locandiere,
senza pensarci due volte, gli tagliò un dito. Il re provò
grande dolore, e cercò di non risentirsene. Dopotutto, pensò,
il suo dito era sporco, doveva pur liberarsene prima o poi.
Il ladro intanto farfugliò qualcosa e se ne andò.

Fece così in molte altre occasioni, rimediandone qualche botta,
qualche dente perso e perdite economiche, ma soprattutto
conflitti con le persone. Piano piano qualcuno, colpito dai
suoi comportamenti, annullò il suo folle giuramento.

Un giorno, mentre il re, sempre in vesti umili, stava
spiegando i fatti a delle persone, convincendole a rinunciare
al loro perverso giuramento e a ricercare la virtù in loro
stesse, all'improvviso un uomo imbracciò il fucile, lo puntò
verso il re ed iniziò ad urlare con odio.
Dapprima il re provò una fitta di paura al cuore, ma poi
cercò di ricomporsi e, con gentilezza, chiese all'uomo quale
fosse il problema. Lui continuò ad urlare frasi piene di odio.
Cercando di rimanere calmo e gentile, il re gli spiegò i fatti.
L'uomo era colpito dall'altruismo della persona che aveva davanti,
ma era tuttavia combattuto ed una follia omicida si agitava in
lui. Il risultato fu che, agitandosi in modo strano, sparò e colpì
in pieno il re. Voci di stupore e spavento si levarono in
tutta la locanda, e cadde il silenzio per pochi secondi.

Il re, tuttavia, si rialzò e disse che andava tutto bene.
Aveva un buco vicino alla spalla.
Visto ciò, l'uomo con il fucile scoppiò a piangere sollevato,
infranse il suo giuramento, abbandonò il fucile e se ne tornò
con volto luminoso a casa.

Tempo dopo, mentre più persone avevano
rinunciato al giuramento e in generale il clima era migliorato,
pur non mancando gli atti di estrema violenza di chi proprio
non voleva essere salvato, il giudizio divino arrivò.
Le illusioni vennero in un attimo spazzate via, e il Re
ricomparve, nei suoi abiti luminosi e scintillanti d'oro.
Tutti scoppiarono in lacrime e riconobbero il loro sovrano.
Anche lui riconobbe finalmente sé stesso e si ricordò di ciò
che era un tempo.

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